Parità di genere: una questione di cultura aziendale
Introduzione
C’è un aspetto che troppo spesso viene sottovalutato quando si parla di parità di genere in azienda. Non è solo una questione di normative o procedure. È, prima di tutto, una questione culturale.
Perché la cultura aziendale è il terreno su cui ogni organizzazione cresce. È fatta di comportamenti, linguaggi, scelte quotidiane. È ciò che viene incoraggiato, ignorato o normalizzato nel tempo. È il modo in cui le persone vivono e lavorano insieme.
Ed è qui che si gioca la partita più complessa, ma anche più trasformativa, per realizzare davvero la parità di genere.
Le regole non bastano
Si possono introdurre policy per la parità salariale, programmi di leadership femminile, procedure di selezione più eque. Tutte azioni fondamentali, certo. Ma se queste si scontrano con una cultura interna che non le sostiene — o peggio, le contraddice — rischiano di restare inefficaci.
Pensiamo a questo: che valore ha una policy sull’inclusione se in azienda si dà per scontato che una donna, dopo aver avuto un figlio, sia meno ambiziosa? Se i progetti più stimolanti vanno sempre agli uomini “per praticità”? Se le decisioni più importanti si prendono durante aperitivi informali in cui certe persone, semplicemente, non vengono invitate?
Il lato invisibile della cultura
La cultura non è fatta solo di slogan o valori dichiarati nei bilanci. È anche — e soprattutto — ciò che resta invisibile, ma influenza tutto.
Sono gli assunti impliciti, come l’idea che le donne siano “più adatte” ai ruoli di cura.
È il linguaggio, fatto di battute, sguardi, interruzioni, che può escludere anche senza volerlo.
Sono le reti informali, spesso inaccessibili a chi ha carichi familiari o orari rigidi.
Non servono intenzioni negative. A volte basta l’abitudine.
Ed è proprio per questo che la cultura aziendale è così centrale: perché agisce sottotraccia, ma ha effetti molto concreti. Sulle opportunità, sulle carriere, sulle relazioni, sulla fiducia.
Il contributo delle imprese
Già nel 1999 l’economista Kathy Matsui, con il concetto di Womenomics, lanciò un messaggio forte: includere pienamente le donne nel mercato del lavoro è una leva per la crescita economica, non solo una questione di equità.
Oggi, questa visione è più attuale che mai. Ma per diventare realtà, ha bisogno di un cambiamento profondo. Le imprese hanno un ruolo chiave: possono essere il luogo in cui si riproducono le disuguaglianze — oppure quello in cui si costruisce un futuro più equo.
Una cultura si può cambiare
Come si fa? Il primo passo è riconoscere che ogni organizzazione ha una sua cultura, e che questa cultura può evolvere.
Il modello di Edgar Schein ci aiuta a capire da dove partire:
- Artefatti: gli elementi visibili, come la presenza di donne in ruoli apicali o ambienti flessibili.
- Valori dichiarati: i principi scritti nei codici etici e nelle policy.
- Assunti condivisi: le convinzioni profonde, spesso inconsapevoli, che orientano il comportamento.
È su questo terzo livello — il più profondo — che si gioca la sfida più importante. Perché è qui che si annidano gli stereotipi, le resistenze al cambiamento, le logiche non dette.
Ostacoli da riconoscere, per agire meglio
Promuovere la parità di genere richiede anche la capacità di leggere e affrontare gli ostacoli che si possono presentare lungo il cammino.
- Ostacoli culturali e cognitivi, come i pregiudizi impliciti e la tendenza a percepire la diversità come un rischio anziché un’opportunità.
- Ostacoli organizzativi e relazionali, come conflitti non gestiti, comunicazione interna incoerente, mancanza di fiducia nei processi.
La buona notizia? Sono tutti superabili, a patto di avere consapevolezza, volontà e un impegno condiviso.
Un investimento sostenibile
Inclusione e parità non sono solo valori etici. Sono anche driver di sostenibilità, benessere e competitività.
Le organizzazioni inclusive:
- attraggono e trattengono meglio i talenti;
- stimolano la creatività e l’innovazione;
- migliorano le performance nel tempo.
E questo vale ancor di più oggi, in un mercato del lavoro dove le persone — soprattutto le più giovani — cercano ambienti di lavoro che offrano relazioni sane, spazio per crescere e valori reali, non solo stipendi competitivi.
In conclusione
Costruire una cultura aziendale che promuove la parità di genere non è un “nice to have”. È una condizione necessaria per innovare, crescere, durare.
Ed è anche una scelta di responsabilità: verso le persone, verso la società, verso il futuro.